sabato 27 marzo 2010

Dichiarazione di v(u)oto

I cittadini contano solo il giorno delle elezioni
(J.J Rousseau)





Dunque, ci siamo. Domani (dalle 8 alle 22) e dopodomani (dalle 7 alle 15, salvo decreti interpretativi), si voterà per le elezioni regionali ed, in alcuni casi, per le elezioni comunali.

Per le elezioni regionali la scheda è verde e prevede due possibili votazioni: quella del presidente della regione e quella dei consiglieri regionali.
Per votare il presidente regionale si può:
- tracciare una croce sul nome del candidato prescelto;
- tracciare una croce sulla lista regionale collegata al candidato prescelto (la si troverà sotto al nome del candidato presidente), uguale in tutta la Lombardia
- tracciare una croce sul simbolo di una lista provinciale collegata al candidato prescelto. In questo modo il voto per il consiglio regionale non andrà ai candidati della lista regionale collegata al candidato presidente prescelto ma al capolista della lista provinciale votata (o al candidato preferito all'interno di quella lista, specificandone il nome nell'apposito spazio)

Se si vota solo per il candidato presidente o per il relativo “listino”, uguale in tutta la regione, il voto per il consiglio regionale viene attribuito in automatico agli appartenenti alla stessa lista regionale.
Se invece si opta per il cosiddetto “voto disgiunto”, ovvero per la votazione di un candidato presidente e di una lista ad esso non collegata, dopo aver sbarrato il nome del candidato presidente prescelto si dovrà tracciare una croce sulla lista provinciale preferita. In questo caso, ovvero votando per una lista non collegata al candidato presidente prescelto, si avrà la possibilità di esprimere una preferenza per il consigliere regionale preferito all'interno della lista stessa, scrivendo il suo nome nell'apposito spazio.

In ogni caso potete trovare tutte le liste provinciali e regionali qui.

Per quanto riguarda le elezioni comunali potete invece trovare una breve guida qui.

Essendo convinto del fatto che non esista un “voto giusto” in sé, mi limito a presentare la mia scelta e a segnalare alcuni candidati che ritengo particolarmente “meritevoli”.
Voterò per il “Movimento 5 stelle”, sia per quanto riguarda il presidente di regione (Vito Crimi) che per quanto riguarda il consiglio regionale, esprimendo la mia preferenza per Bruno Misculin.
Ho conosciuto Bruno personalmente nei mesi di collaborazione con il meetup “amici di Beppe Grillo” di Milano. Persona di estrema umiltà, semplicità, umanità, dotato di un grande cuore e di grande competenza, modello di indomito impegno civile e di genuina passione politica. Un esempio per tutti noi.
L'iniziativa ed il programma nascono per iniziativa di Beppe Grillo e, soprattutto, delle centinaia di gruppi volontari che in questi ultimi anni si sono impegnati quotidianamente nelle battaglie per i diritti civili, per l'ambiente, per la legalità e per la giustizia. Persone qualsiasi che si sono rimboccate le maniche nel tentativo di introdurre una ventata di aria nuova nella politica stantia e putrefatta dell'Italia di oggi.
I candidati sono tutti incensurati (!!), residenti nella circoscrizione in cui si candidano, mai iscritti a partiti.
Il programma prende spunto dalle storiche battaglie di Grillo: dall'acqua pubblica, al progetto “rifiuti zero”, alla democrazia diretta, al wireless gratuito, al no agli inceneritori ed al nucleare. Fondamentale l'importanza attribuita alla rete, tramite la quale i candidati si impegnano a comunicare costantemente con tutti i cittadini, proponendo la diretta via web delle sedute del consiglio regionale e discutendo in rete, prima della loro presentazione ufficiale, le varie proposte di legge.
Dunque un voto per un rinnovamento vero, fuori dalle logiche affaristiche e clientelari dalla partitocrazia italiana.

Per quanto riguarda le liste circoscrizionali di Milano, segnalo la presenza di:
- Giulio Cavalli per l'Italia dei valori, giovane regista-scrittore che ha fatto della sua professione uno strumento di denuncia ed informazione in tema di libertà e diritti civili (per questo vive da qualche mese sotto scorta, minacciato dalla mafia)
- Basilio Rizzo e Vittorio Agnoletto per Rifondazione Comunisti Italiani, anime della Milano che resiste, da sempre in prima linea per la difesa della democrazia e della Costituzione.
Per quanto riguarda la provincia di Bergamo segnalo la presenza di Daniele Martinelli, giornalista d'assalto, per questo “relegato” al web.

Mi astengo da qualsiasi commento sulla lista del presidente uscente Formigoni, il quale, leggi alla mano, non potrebbe essere rieletto in quanto giunto ormai al suo terzo mandato. L'articolo 2 della legge 165 del 2004 stabilisce infatti la non eleggibilità immediata di un candidato presidente che abbia già svolto 2 mandati consecutivi. Il vecchio Roberto si difende dicendo che la legge, essendo stata approvata nel 2004, non poteva riguardare i suoi 2 mandati precedenti (se eletto Formigoni sarebbe al quartodicoquarto mandato consecutivo, alla faccia del rinnovamento). Penati, candidato presidente del Pd, ha subito espresso la sua solidarietà in quanto il suo partito è nella stessa condizione in un' altra regione. Tuttavia Valerio Onida, presidente emerito della Corte Costituzionale, ha fatto intendere che la possibilità di una destituzione postuma di Formigoni in caso di rielezione è concreta.


Dunque, non ci resta che...ridere.
 
 

lunedì 15 marzo 2010

La legge è uguale per tutti...voi

Per i nemici le leggi si applicano. Per gli amici si interpretano
(G. Giolitti)




Lo dicevo, io, che la sostanza era più importante della forma. Quando i vigili mi multavano per sosta su un passaggio pedonale in zona disabitata, quando scrivevo scuola con la q, quando dimenticavo di iscrivermi agli esami, quando arrivavo tardi al lavoro.
Mi hanno sempre risposto picche.

Già, direte voi: “non hai il 40% (o il 60% o il 75%, a seconda del grado di sottomissione al capo della fonte che lo riporta) dei consensi del popolo”. Tradotto: “non conti un cazzo, quindi sei costretto a rispettare quelle odiose formalità che voi poveracci chiamate leggi”.
Ovviamente loro non ve lo dicono così.
Vi dicono che bisogna garantire la democraticità della competizione elettorale, che bisogna consentire la partecipazione delle diverse forze politiche, che si deve impedire alla magistratura di scrivere le liste elettorali, ma soprattutto che non si può negare al (percentuale a scelta...chi offre di più??) dell'elettorato il diritto di votare per il proprio partito di riferimento.
Sulle prime tre considerazioni non mi dilungo. Mi fa solo sorridere sentire parlare di democrazia e di (equa) partecipazione delle diverse forze politiche da chi, oltre ad essere capo del governo e leader (o meglio proprietario) del partito di maggioranza, attacca costantemente magistratura ed istituzioni di garanzia in barba a Montesquieu ed alla sua tripartizione dei poteri dello stato, attraverso un uso militare delle sue 5 reti televisive nazionali (3 le possiede, 2 le controlla direttamente) e del maggiore gruppo editoriale del paese.
Sulla quarta, invece, si possono fare alcune considerazioni.

Innanzi tutto l'esclusione delle liste, contro cui il governo si è mosso, non nega alcun diritto ai cittadini.
Al contrario garantisce che la competizione elettorale avvenga secondo all'interno di un preciso insieme di regole, valide (ed uguali) per tutti.
L'esclusione delle liste pdl in Lazio e Lombardia non è un gesto eversivo da parte di magistrati politicizzati: è un atto dovuto che tutela lo stato di diritto e la democrazia. Mi chiedo dove fossero questi paladini della democrazia, questi maestri della “sostanza oltre la forma”, questi scudieri dei diritti civili quando liste di liberi cittadini o di pariti “minori” non potevano presentarsi alle elezioni, formalmente perchè non avevano raggiunto il numero minimo di firme, sostanzialmente perchè subivano la loro condizione di subalternità nei confronti dei partiti “maggiori”.
In secondo luogo il decreto legge crea un precedente che mina le fondamenta dello stato democratico: il partito più grande, per il solo fatto di essere tale, è più forte delle leggi (che, solo per lui, vanno “interpretate”). Il decreto “interpretativo” proposto dal governo non è infatti una sanatoria, ovvero un provvedimento che elimini l'obbligo dei i partiti che vogliano prendere parte alla competizione elettorale di presentare i requisiti formali previsti per legge. In questo caso, l'assunto del prevalere della sostanza rispetto alla forma sarebbe quantomeno egualitario. Il decreto impone invece che la “sanatoria” valga solo per quei partiti che possano dimostrare la loro presenza all'interno del tribunale alle ore 12 del 27 Febbraio (termine di presentazione delle firme) e le cui liste siano viziate da errori formali (e il cui leader è un tipetto basso, dal cranio bitumato e con tessera P2 in tasca, potevano aggiungere in un impeto di imparzialità).
E le centinaia di liste che, negli anni, sono state puntualmente cassate per gli stessi motivi? E le migliaia di elettori che si sono visti negato il diritto di votare per il proprio partito? Non contano nulla. Tanto sono piccoli e non possono ribellarsi.

Ora: che una maggioranza infarcita di (ex?) fascisti, piduisti e tangentisti ci spieghi che cos'è la democrazia, è già abbastanza desolante. Ma il fatto che la spacci per il soverchiamento della maggioranza ai danni delle minoranze, che in realtà, proprio per il deficit fisiologico che scontano nei confronti delle forze maggiori in termini di mezzi e risorse, dovrebbero essere quelle maggiormente tutelate, cancella definitivamente qualsiasi speranza. Tantopiù se il Presidente della Repubblica, il Vittorio Emanuele III del nuovo millennio, scambia il suo ruolo per quello di scrivano al servizio del governo (e non della Costituzione), tanto da far rimpiangere l'impresentabile Cossiga.

Ma ciò che più irrita è l'incompetenza di una classe politica trasformata in uno stuolo di portaborse e di raccomandati, è l'arroganza di un potere ormai totalitario e che, in quanto tale, non contempla la possibilità di pagare le conseguenze delle proprie incapacità, violentando (o meglio “interpretando”) le leggi in funzione dei propri, soliti, interessi.
Il messaggio è chiaro: “La palla è mia, e decido io chi gioca”.

Il culo, come al solito, è il nostro.