martedì 22 febbraio 2011

In mutande, ma liberi?


Articolo scritto per gli amici di Pane&Politica (http://www.panepolitica.itwww.panepolitica.it/), portale dedicato alla comunicazione ed al marketing politico. Fateci un salto, merita davvero!


La carne è debole, l’uomo pure: fra tradimenti, relazioni clandestine e scappatelle più o meno abituali, la storia politica occidentale ha visto il filo pubblico della vita degli stati intrecciarsi di frequente con quello privato delle vicende sessuali e amorose dei rispettivi leaders, dando vita ad un groviglio che ha rischiato di segnare – e che, a volte, ha segnato – il destino politico dei protagonisti e dei rispettivi paesi di appartenenza.

Dall’amore extraconiugale tra Cleopatra e Antonio – la cui infedeltà ai danni della sorella di Ottaviano provocò la reazione militare del triumviro romano e dell’Impero – al mancato riconoscimento da parte della Chiesa Cattolica del matrimonio tra Enrico VIII e Anna Bolena – vero e proprio casus belli dello scisma anglicano -, sono molti gli esempi storici di questa pericolosa sovrapposizione tra pubblico e privato.
Per quale motivo, allora, amori inconfessabili, tradimenti e scandali sessuali destano nell’opinione pubblica uno scalpore tale da minacciare la sopravvivenza politica dei personaggi coinvolti? Quali sono le zolle da non calpestare nel campo minato della politica?
Per capirlo dobbiamo distinguere tra le varie possibili manifestazioni dello scandalo sessuale e analizzarne, di volta in volta, le principali ripercussioni politiche, operando una sorta di fenomenologia del sexy-gate.

Una prima manifestazione del fenomeno è la relazione extraconiugale, evocatrice della dimensione nobile e romantica del sentimento, della passione e, talvolta, dell’amore. Dall’appassionata e tragica relazione tra Claretta Petacci e Mussolini, alla love story tra Marilyn e i Kennedy (JFK prima e Robert poi), fino alla segretissima relazione di Mitterand con Anne Pingeot, da cui nacque la piccola Mazarine, la relazione extraconiugale risulta il genere di sexy-gate più “frequentato” dai politici del ‘900. Addirittura, si dice che Mitterand, nel tentativo di nascondere l’identità della figlia illegittima, fece recapitare una piccola bara bianca davanti alla casa di Jean Hallier, lo scrittore neo-papà che minacciava di svelare l’inconfessabile segreto presidenziale.
Perché tanta paura? Perché l’infedeltà coniugale, oltre ad essere una possibile fonte di instabilità nella vita privata di un leader che minaccia di ripercuotersi negativamente sulla rispettiva azione politica, rappresenta la violazione ed il tradimento di quel vincolo di fiducia – in questo caso tra l’interessato e la consorte – che, da un momento all’altro, può riflettersi negativamente sul rapporto fiduciario tra politico ed elettore, minandone le fondamenta.

Una seconda manifestazione del sexy-gate riguarda lo scandalo sessuale in senso stretto. In questo caso è la dimensione peccaminosa e boccaccesca del “sotto le lenzuola” a conquistare il centro della scena, rivelando le debolezze e le (inaspettate) abitudini sessuali del potente e macchiandone per sempre, più di quanto non possano fare decine di campagne ad hoc, l’immagine pubblico-politica.
Anche se il “vizietto” accomuna i politici di svariate generazioni (indimenticabile, ad esempio, l’ira della moglie di Crispi che, in una furiosa lettera al segretario particolare del marito, lo invitava a “smettere di portare puttanelle al Presidente”), negli ultimi anni, complice anche il crescente interesse dei media per le vicende private dei politici, gli scandali sessuali divenuti di pubblico dominio si sono moltiplicati.
Essi aggiungono al pericolo di una possibile rottura del legame fiduciario con l’elettorato – lo stesso Clinton si salvò solo perché, tecnicamente, non mentì alla nazione – la minaccia di rendere il politico incompatibile con le posizioni precedentemente sostenute.
Il senatore Repubblicano dell’Idaho Larry Craig, ad esempio, fu costretto a dimettersi dopo aver cercato di fare sesso con un poliziotto in borghese in un bagno pubblico. Era un feroce oppositore dei matrimoni gay.
Questi scandali, inoltre, risvegliano le coscienze “puritane”, che in tema di peccati carnali sono in grado di ridestarsi dallo stato di assopimento che generalmente le attanaglia in un attimo, dimostrandosi tutt’a un tratto pugnaci e battagliere. Tanto da costringere alle dimissioni il politico coinvolto nel sexy scandalo, come accadde al ministro degli esteri finlandese Ilkka Kanerva nel marzo del 2008, quando i contenuti “piccanti” dei circa 200 sms inviati ad una spogliarellista vennero a galla.

C’è infine lo scandalo sessuale che, assumendo rilevanza penale, rappresenta una minaccia personale – è infatti a rischio la libertà fisica dell’individuo – per il politico coinvolto.
Un esempio recente riguarda il presidente israeliano Moshe Katsav, autosospesosi dopo essere stato accusato, tra le altre cose, di violenze sessuali.

Bacchettoni, moralisti, o più semplicemente desiderosi di una maggiore coerenza e correttezza da parte dei politici, gli elettori dimostrano dunque una certa sensibilità allo scandalo politico-sessuale, rendendolo una vera e propria minaccia per i rappresentanti delle istituzioni. I quali, in virtù della conseguente necessità di nascondere l’inconfessabile, si pongono in quella condizione di ricattabilità che rappresenta il denominatore comune tre le diverse manifestazioni del sexy-gate.

Il caso Ruby porta in dote a Berlusconi tutte le possibili minacce appena viste: compromissione del legame di fiducia con gli elettori, incoerenza rispetto alle proprie posizioni politiche, immoralità, ricattabilità e risvolti penali.
Il fatto che il Premier, stando ai sondaggi, non ne abbia risentito dal punto di vista del consenso elettorale, rappresenta già una grande vittoria.

Per lui.

mercoledì 16 febbraio 2011

Eppur (qualcosa) si muove

"Poi vennero per me, e non era rimasto più nessuno ad alzare la voce..."
(Martin Niemhöller)


“Perché la donna non è cielo, è terra”. E’ quasi buio quando, sui versi della “Ballata delle donne”, una piazza castello ancora piuttosto gremita si scioglie in un lungo ed emozionante applauso carico di dignità. Quella di migliaia di donne, giovani e meno giovani, che dal primo pomeriggio, sciarpa bianca al collo, hanno invaso il centro di Milano da via Dante a Largo Cairoli, fino ai piedi del Castello Sforzesco. Ma anche quella di molti uomini, convinti che la battaglia per il rispetto del corpo e della figura della donna vada combattuta sul terreno culturale più che su quello della questione di genere.

E così, nella Milano dell’industria immateriale, a due passi dal triangolo della moda, i versi del compianto Edoardo Sanguinetti si caricano di ulteriori significati nella voce rotta dalla commozione di Ottavia Piccolo, accompagnata dal rispettoso silenzio della piazza.
Una piazza che nel corso delle oltre tre ore di manifestazione sa emozionarsi, ascoltare, farsi sentire – al grido di “vergogna” e “dimissioni” – e farsi notare, come quando lo sventolio delle migliaia di sciarpe bianche colorano l’uggiosa domenica milanese, regalando un colpo d’occhio da brividi.

Altre scosse arrivano dal palco, dove una brillante Teresa Mannino accompagna gli interventi dei vari ospiti, espressioni di quella società civile che oggi – salvo rarissime eccezioni – è scesa in piazza sfoltita dalle bandiere di partito e avvolta nel tricolore. Tra gli altri Franca Rame, Gad Lerner, Massimo Cirri, Dario Fo e una rappresentante del carcere di Bollate, che, in una lettera, dimostra come suonino beffarde, alle orecchie delle detenute, le elargizioni in denaro del Premier alle non meglio precisate “persone in difficoltà”.

Beffardi sono anche i numerosi cartelloni, stendardi e striscioni che emergono a fatica tra la fiumana di gente – c’è chi dice sessantamila, chi addirittura centomila persone – che ha riempito pacificamente e in modo straordinariamente composto la piazza.
Ci sono quelli (auto)ironici – fenomenale quello che recitava “Silvio, sono incinta!” –, quelli più esplicitamente femministi – “Libere di agire, capaci di reagire” – e quelli più forcaioli, rivolti al Presidente del Consiglio – “in galera!” -, a conferma della pluralità e diversità delle voci presenti in piazza. Una diversità sociale, politica e generazionale che noti dalle piccole cose: una kefiah sgualcita di fianco ad una morbida sciarpa di seta, un’elegante scarpa col tacco di fianco a una più trendy “ballerina”, un “chiodo” ribelle di fianco a un caldo doppiopetto. Ma che vedi scomparire nel bacio sulla fronte con cui un’elegante ed anziana insegnante milanese saluta un suo vecchio alunno, oggi padre, invitandolo a darle de tu. O quando un’unica, grande voce si leva dalla piazza sulle note di “Scandalo” di Gianna Nannini e nel botta e risposta tra il palco e la platea «Se non ora, quando? – Adesso!». Una voce che arriva fino in Largo Cairoli, dove l’entusiasmo della folla è arrivato a lambite la statua di Garibaldi, simbolo di quell’Unità che l’Italia, almeno oggi, sembra aver ritrovato.
I dati sull’affluenza nelle piazze, che arrivano da tutt’Italia, sono infatti impressionanti. Gli organizzatori, dal palco, li leggono nell’euforia generale: centomila a Roma e Napoli, cinquantamila a Torino, ventimila a Bologna, diecimila a Palermo e migliaia in molta altra città italiane e straniere, da Londra alle Hawaii. Alla fine della giornata saranno addirittura un milione in tutto il mondo.

E così, sulle note di una “Bella Ciao” riadattata dai Modena City Ramblers, Milano si scioglie in un ballo liberatorio, ritrovando quell’anima resistenziale che la piazza, con le sue mille voci, ha oggi voluto arricchire di nuovi significati: resistenza al degrado culturale, resistenza alla deriva di un sistema di potere spesso misogino e tentacolare.
Soprattutto, resistenza all’idea che il senso e la portata di questa grande manifestazione possano essere impoveriti da una loro interpretazione in chiave moralistica, che ne deformi la reale natura:

quella di un moto genuino e spontaneo di riscossa culturale.


sabato 12 febbraio 2011

Il Cairo, 11 febbraio 2011

"La libertà non è un mezzo per un fine politico più alto. E' essa stessa
il fine politico più alto"
(J. Acton)

martedì 8 febbraio 2011

Arcore, 6 febbraio 2011

Ecco le immagini, le voci, i suoni e i colori della manifestazione di domenica 6 febbraio in largo Vela, ad Arcore, di fronte alla villa di Berlusconi.
Grazie a Sonia per le foto e alla mitica "Sony DSC" di Diego per i video!!

P.S. I due ragazzi arrestati dopo gli scontri di domenica sera - Giacomo Sicurello e Simone Cavalcanti - sono stati rilasciati il giorno seguente. Il processo si terrà il 7 marzo.
Non hanno morsicato il polpaccio a nessun carabiniere.

Non diventeranno ministri dell'interno.