domenica 22 maggio 2011

El pueblo (p)unido jamas será vencido!

"In ogni caso, la causa della rivolta è l’ineguaglianza"

(Aristotele)



Francis Fukuyama. Cosa potrebbe mai partorire di buono la mente di un uomo con un nome da avvocato appena uscito da Harvard e un cognome da centro massaggi thailandese?

No, non è il rancore per il votaccio che il suo saggio “The end of history” mi fece prendere qualche anno addietro. Quella è acqua passata e il caro vecchio Francis, con il suo faccione a metà tra un Jonny Chan invecchiato e l’Alvaro Vitali dei tempi migliori (vedere per credere), iniziava quasi a diventarmi simpatico.
La vera ragione del mio risentimento nei confronti del nippoamericano di orientamento “neocon” – pittoresca espressione con la quale gli analisti usano descrivere quella gloriosa stirpe di presidenti americani che scambiava il mandato conferitogli dagli elettori con una libertà pressoché illimitata di bombardare tutto ciò che si trovava al di là del 14° meridiano – risiede in una semplice constatazione: Fukuyama ha clamorosamente sbagliato. Quindi, tecnicamente, la risposta che diedi a quell’esame sarebbe da rivalutare. Voglio dire: ci sarà pure una differenza tra il non capire una teoria corretta e non capirne una palesemente sballata.

Ok, vi sto facendo perdere quei preziosi due minuti di tempo che vi siete ritagliati tra una puntata di "Che tempo che fa" e un appello di Saviano su Repubblica. Rientro in tema.

La teoria di Fukuyama, dicevamo. Ebbene nel suo “The end of History” del 1989 e nella riedizione aggiornata del 1992 “The end of History and the last man”, l’analista sostiene che il mondo post-comunista si divida sostanzialmente in due categorie: una prima categoria composta da tutti quegli stati (occidentali) in cui la democrazia liberale e il libero mercato sono una garanzia assoluta del benessere, della prosperità e del rispetto dei diritti umani all’interno delle popolazioni che li abitano. Questi stati avrebbero raggiunto il grado massimo di sviluppo, progresso e “maturità”. Uno stadio di evoluzione e benessere che li proietta “al di fuori della storia”, intesa come quella condizione in cui guerre e conflitti conservano la loro natura di principale strumento per la risoluzione delle controversie internazionali.
La seconda categoria composta da tutti quegli stati che, rigettando i dettami dell'economia di mercato, rimarranno “impantanati nella storia”, esprimendo nei continui conflitti la loro dimensione di arretratezza.

Per convincervi di come questa prospettiva abbia completamente fallito avete tre modi: aprire gli occhi (o accendere la televisione ad una qualsiasi ora e su un qualsiasi canale, o leggere “il Riformista”, o andare su google e vedere che cosa vi esce digitando “Ministro delle Riforme per il Federalismo”), chiedere ai cittadini dell’isola di Granada, di Belgrado, di Bagdad, di Tripoli e di Mogadiscio che cosa ne pensino del neo-acquisito pacifismo occidentale e farvi un giro in Puerta del Sol, Madrid, Spagna.

Qui, da ormai una settimana, migliaia di giovani precari (espressione ormai ridondante), studenti, lavoratori e persino mamme con bimbi al seguito hanno indetto un presidio permanente, silenzioso e pacifico contro il sistema sociale, economico e politico generato dal libero mercato tanto caro a Fukuyama.

Che cosa chiedono queste migliaia di “persone qualunque” – che da noi sarebbero già state tacciate di estremismo, di amicizie con pericolosi terroristi, di furti di auto, di aver barato alla tombola del natale ’84; insomma tutte quelle accuse con cui i nostri sindaci donne milanesi il cui cognome inizia per Moratti controbattono brillantemente a chi gli fa notare che nelle loro liste ci sono persone in contatto con esponenti della ‘ndrangheta e che pure al tipetto basso dal cranio bitumato il cui nome campeggia in bella mostra sui loro manifesti elettorali si è dimostrato molto ospitale con insospettabili stallieri siciliani – ?

Chiedono che il mito del progresso non venga più unicamente declinato nell’ottusa accezione di crescita economica – di cui beneficerebbe sempre e comunque il manipolo di affaristi che manovra l’economia – ma che venga perseguito nella più ampia e autentica accezione del suo significato: un “progresso umano” basato su di uno “sviluppo sostenibile”, su di un sistema di welfare egualitario e solidale. E che, udite udite, abbia come fine ultimo la felicità delle persone e non “l’accumulazione di soldi senza riguardo per il benessere della società”, che fino a ora ha creato solamente una massa di “consumatori infelici”.

Le proposte per uscire da questo pantano riguardano l’eliminazione dei privilegi della classe politica, le misure contro la disoccupazione e l’aumento dei salari minimi, le politiche per il diritto alla casa, l’aumento delle imposte per le grandi banche e la lotta alla corruzione in tutte le sue possibili forme. Insomma, un sistema che chiede una nuova democrazia, una “Democrazia reale” e realmente partecipativa e inclusiva.

Utopie? Forse, ma un tale, negli anni ’60, diceva che “sono le grandi utopie a muovere i grandi ideali della storia”.



Questo tale - si capisce - non era Francis Fukuyama.

martedì 3 maggio 2011

U.S.A.ma Bin Laden

La storia sono fatti che finiscono col diventare leggenda; le leggende sono bugie che finiscono col diventare storia
(Jean Cocteau)



Ammettetelo: siete felici. O almeno sollevati. Ora che Bin Laden è morto non dovrete più spiegazioni al poliziotto di turno che, aprendovi la valigia per requisirvi lo shampoo, vi chieda conto di quelle manette e di quel frustino. “No, non sono un fuggitivo e nemmeno un fantino!”.

Se vi siete ritrovati nella descrizione di queste prime righe, questo blog – o almeno questo articolo – non fa per voi. Non per via del frustino, sia chiaro. E nemmeno delle manette. Quanto perché chi vi scrive ha ormai sviluppato una sorta di scetticismo preventivo ogniqualvolta sente tirare in ballo l’argomento Bin Laden-terrorismo islamico-11 settembre – e non solo, direte voi (maligni).

Per oggi, tuttavia, farò un’eccezione. Sarà l’aria di primavera, la beatificazione di Papa Giovanni Paolo II o quella pillola blu che un tizio basso e truccato incontrato l’altro giorno ad Arcore mi ha regalato. Fatto sta che in questi giorni sono proprio di ottimo umore.
Dunque, acconsentirò di buon grado a vestire i panni dell’americano medio – che, in questi casi, non è altro che l’italiano medio con qualche chilo in più sui fianchi e nel cesto dei pop corn – , agli occhi del quale i macroscopici buchi-incoongruenze-menzogne della versione ufficiale dell’11 settembre – che persino un Sallusti qualunque farebbe fatica ad accreditare – e i decennali e documentati rapporti che la famiglia Bin Laden intratteneva con la famiglia Bush prima durante e dopo i famigerati attentati sono semplici scherzi del destino. Fugherò i numerosi dubbi relativa alla stessa esistenza storico-politica del barbuto terrorista saudita e ignorerò persino il goffo lavoro di photo editing con cui si è cercata di dimostrare l’avvenuta morte di Bin Laden, prontamente confermata dai membri di Al Quaeda - anche loro, a quanto pare, amanti del sadomasochismo da manette e frustino.

Ebbene, ingoiate acriticamente tutte queste originali storielle, il bilancio di 10 anni di quella guerra al terrore (no, Bossi, ho detto terrore!), che oggi sembra aver trovato la sua degna conclusione, è il seguente. Per difendersi da un attacco terroristico – che, per quanto cruento e spettacolare, fece 2974 morti e 24 dispersi – e portare la pace, i diritti umani, la democrazia, la prosperità e il benessere nei territori governati dai fondamentalisti, gli Stai Uniti d’America e i suoi fedeli alleati occidentali hanno:

- Attaccato due stati sovrani – Afghanistan e Iraq – che, in precedenza, avevano finanziato e supportato anche militarmente;
- Ucciso tra gli 80 e i 100mila civili – anche se una ricerca della Scuola medica Bloomberg dell’Università Johns Hopkins ha stimato ben 601.027 vittime civili nel solo Iraq;
- Torturato e detenuto illegalmente prigionieri stranieri, nonchè violato i più elementari diritti umani;
- Compiuto un’operazione militare in territorio straniero senza informare lo stato in questione (il Pakistan), in spregio a tutte le norme internazionali;
- Insediato un presidente fantoccio (Karzai), il cui fratello è da almeno 8 anni a libro paga della CIA, e fatto impiccare l’altro (Saddam), ormai sgradito;
- Speso oltre 3mila miliardi di dollari – per capire l’entità di questa cifra basti pensare che con circa 20 milioni di dollari, meno della metà di quanto l’Italia spende mensilmente per la guerra in Afghanistan, Emergency ha costruito tre centri chirurgici, un centro di maternità, 28 ambulatori e curato oltre due milioni e mezzo di afgani.

Il tutto per uccidere un uomo – descritto più o meno come un cavernicolo, lo stadio evolutivo immediatamente successivo a quello di un leghista – e il suo manipolo di fedeli.
Il tutto nella singolare convinzione che buttare tonnellate di piombo sulla popolazione di quegli stessi stati islamici che erano considerati dei potenziali focolai del fondamentalismo islamico, aiutasse a invertire la presunta propensione antioccidentale degli stessi abitanti – “Ehi ragazzi, non ci vedete? Noi siamo i buoni!” – e diminuisse in questo modo il pericolo di attentati da parte di cellule terroristiche arabe.

Eppure, nei 10 anni post-undici settembre, delle centinaia di migliaia di fantomatici arabi pazzoidi convinti che sacrificare le proprie membra spappolate all’altare del dio di turno fosse l’unico modo per redimere questo mondo infame (o almeno una parte di esso), sono stati solamente 7 quelli che si sono fatti saltare in aria (i 4 degli attentati nella metropolitana londinese e i 3 degli attentati a Sharm el Sheikh).
Eppure, per anni, dei brividi vi hanno percorso la schiena ogni qualvolta una faccia olivastra, magari anche barbuta, faceva capolino nel vostro vagone della metropolitana. E no, non era per via dell’alito.

Mentre quando vi accalcavate fuori dalle farmacie per comprare i vaccini anti sars – e se non voi i vostri genitori o comunque qualcuno in cui riponete un minimo di stima e fiducia (si, anche se leghista!) – eravate convinti di allungare la vostra speranza di vita. Che, invece, si abbassava. Soprattutto se eravate tra quelle decine di bambini giapponesi morti in seguito all’assunzione del vaccino stesso, la cui efficacia, ironia della sorte, era completamente sconosciuta (e comunque ininfluente: non ci fu un solo caso di trasmissione del virus uomo a uomo e in Vietnam, il paese più colpito dalla Sars, morirono in tutto 42 persone in due anni). Tutto questo perché gli USA di George Bush, seguiti a ruota dai paesi UE, spesero 7,1 miliardi di dollari nell’acquisto di nuovi vaccini anti-sars e nel supporto alla ricerca delle grandi case farmaceutiche, garantendo a queste ultime l’immunità legale per gli eventuali danni collaterali provocati sui pazienti dagli stessi farmaci.


Ma non chiamateli terroristi.