“Berlusconi? Non ho mai visto un innocente darsi tanto da fare per farla franca”
(D. Luttazzi)
Adolescenti italiane, donne di mezza età, pensionate in menopausa: dimenticate pozioni magiche, massacranti sedute di spinning, diete a punti, pillole, creme, erbe ed insalate scondite. Per perdere le tanto agognate tre taglie c'è un metodo infallibile, rapido ed indolore (o meglio “insudore”): ridurre di tre taglie il proprio guardaroba. Avete capito bene: basterà comprare abiti più stretti et voilà, tre taglie nel giro di una chiusura di cerniera. Non lo dico io: lo dice il governo.
L'imminente riforma sul cosiddetto “processo breve” si basa infatti sulla stessa logica, geniale ed innovativa: si accorciano i tempi di prescrizione per diminuire la durata dei processi. Come dire che uscendo di casa senza ombrello, smetterà di piovere. Ma procediamo per gradi.
Il disegno di legge “misure per la tutela del cittadino contro la durata indeterminata dei processi” (questo il nome-travestimento della legge) si basa sulla modifica dei tempi di prescrizione dei reati, quei tempi oltre ai quali un reato si estingue e l'imputato non può più essere condannato.
Fino ad oggi questi termini di prescrizione erano commisurati all'entità di ciascun reato, in modo da consentire alla giustizia di accertare per tempo la colpevolezza o l'innocenza dell'imputato. Con la nuova legge , invece, si raggruppano tutti i possibili reati ed i relativi tempi di prescrizione in soli tre gruppi:
reati puniti con pene inferiori ai 10 anni: i termini per giungere a sentenza non dovranno superare i 3 anni per i processo di primo grado, i 2 anni per i processi in Appello e l'anno e mezzo per i processi in Cassazione. Durata massima del processo: 6 anni e mezzo
reati puniti con pene superiori ai 10 anni: i termini per giungere a sentenza non dovranno superare i 4 anni per i processo di primo grado, i 2 anni per i processi in Appello ed i 6 anni e mezzo per i processi in Cassazione. Durata massima del processo: 7 anni e mezzo
reati di mafia e terrorismo: i termini per giungere a sentenza non dovranno superare i 5 anni per i processo di primo grado, i 3 anni per i processi in Appello ed i 2 anni per i processi in Cassazione. Limitatamente a queste due categrie di reato, il giudice potrà aumentare di un terzo i termini di prescrizione ove il processo fosse particolarmente complesso (es. molti imputati). Durata massima del processo: dai 10 ai 15 anni
Considerando che in Italia la durata media del processo penale è di circa 8 anni e che all'interno del calcolo di questa media vengono inclusi processi che si concludono in tempi rapidissimi (guida senza patente, furto semplice, oltraggio a pubblico ufficiale, ecc..) il risultato è devastante: oltre 100 mila processi che evaporano all'istante (fonte Associazione Nazionale Magistrati).
Non stiamo parlando di caramelle rubate: si va dallo stupro alla corruzione, dalla frode fiscale agli omicidi colposi in ambito medico, dalle lesioni personali alla bancarotta preferenziale, dalla violenza privata al traffico di rifiuti, dalla ricettazione allo sfruttamento della prostituzione. Inoltre, secondo i magistrati, saranno condannati ad “estinzione certa” i processi per i crack Parmalat e Cirio, per le morti da amianto, per le morti bianche alla Tyssenkrupp nonchè il processo alla clinica S. Rita di Milano (la “clinica degli orrori”), dove i pazienti sani venivano operati per “fare cassa”.
Ora, voi vi chiederete: che cosa può mai indurre i nostri governanti ad approvare in tutta fretta una legge che, confondendo gli effetti che deriverebbero da un processo di “ragionevole durata” (ovvero la riduzione dei tempi di prescrizione) con la soluzione per giungere a tale “ragionevole durata” dei processi, garantisca l'impunità ad un gran numero di criminali e delinquenti, mortifichi la dignità delle vittime dei reati e comprometta in modo forse irreversibile quei principi di legalità e giustizia alla base di un qualsiasi stato civile che voglia (e possa) dirsi tale?
Memori delle altre diciotto leggi ad personam (arrotondamento per difetto) fatte approvare nell'ultimo decennio, i maligni potrebbero rispondere a colpo sicuro: la volontà di Berlusconi di salvarsi dai processi in cui è imputato. Eppure, leggendo il testo della legge, questo dubbio sembra svanire. Nonostante i processi a carico del nostro presidente del consiglio siano già in corso, infatti, la legge non ha effetto retroattivo e non può dunque influire sui tempi di prescrizione dei processi già avviati. Ma si sia, Berlusconi ne sa una più di Silvio. Quando meno te l'aspetti ecco la leggina, il cavillo che ti frega prima che te ne possa accorgere.
All'interno della legge c'è infatti una norma transitoria che allarga i nuovi, generosi, termini di prescrizione a quei processi che, benchè già in corso, si riferiscano a reati indultati (che beneficiano cioè dell'indulto approvato dal parlamento nel 2006 a larghissima maggioranza) o commessi prima del 2 maggio 2006, la cui pena sia inferiore ai 10 anni di reclusione. Come se non bastasse, per questi procedimenti l'estinzione per prescrizione scatta dopo appena due anni.
Occhio alle date.
I rinvii a giudizio dei due processi pendenti a carico di Berlusconi sono datati 10 Marzo 2006 (processo Mills per corruzione in atti giudiziari) e 22 Aprile 2005 (processo Mediaset sulla compravendita di diritti tv a prezzi gonfiati). Considerando la sospensione dei tempi di prescrizione dovuta al periodo in cui il lodo Alfano, poi bocciato dalla Corte Costituzionale, è rimasto valido (circa un anno e tre mesi) il processo Mills si prescriverebbe il 10 Marzo 2009, mentre il processo Mediaset il 25 Aprile 2005. Cioè nel passato.
Nell'infausta (per Berlusconi) e remota ipotesi che qualche membro della sua maggioranza, stanco di calpestare e mortificare la propria dignità per garantire l'impunità al capo (leghisti di “Roma ladrona” dove siete??), contribuisca ad impedire la definitiva approvazione della legge, non temete: le vie del signor(ino) sono infinite. Già pronte sul tavolo due proposte di legge: una per togliere valore di prova alle sentenze passate in giudicato, l'altra per depenalizzare la corruzione “susseguente”.
La prima impedirebbe all'eventuale sentenza di condanna definitiva ai danni dell'avvocato Mills per corruzione in atti giudiziari (sarebbe stato corrotto dallo stesso Berlusconi) di fungere da prova del comportamento corruttivo di Berlusconi (non ridete, è tutto vero).
La seconda, cancellando il reato di corruzione “susseguente”, legalizzerebbe di fatto qualsiasi tipo di corruzione: al corruttore basterebbe infatti mettersi d'accordo con il corrotto, ricompensandolo non appena ricevuto il favore pattuito.
Nei giorni in cui Totò Cuffaro, l'ex presidente della regione Sicilia interdetto dai pubblici uffici e prontamente promosso senatore da Casini nelle file dell'UDC, viene condannato a sette anni per favoreggiamento alla mafia (sentenza di secondo grado), nei giorni in cui per lo stesso presidente Berlusconi si profila un nuovo rinvio a giudizio per frode fiscale e appropriazione indebita (e dunque un'altra fuga dalla giustizia e dalle proprie responsabilità), ritorna alla mente un episodio del lontano 1974.
L'allora presidente della Camera Sandro Pertini, una di quelle persone per cui vale ancora la pena dirsi italiani, minaccia di rimandare le vacanze dei parlamentari qualora non fossero emersi i nomi dei politici ai quali i petrolieri avevano pagato le tangenti. Quando alcuni sospetti, che si riveleranno poi totalmente infondati, iniziano a circolare anche sul suo conto, il Corriere della sera, unico giornale che lo difende, gli chiede un intervista per fugare ogni sospetto. Questa la sua risposta: “Se proprio devo spiegare non parlerei mai con il Corriere. Mi avete difeso. Sarebbe disonesto parlare proprio con voi che siete dalla mia parte”.
Pertini è stato il miglior presidente della Repubblica della giovane democrazia.
In attesa di Silvio, ovviamente.