“L'altra notte ho sognato Craxi vestito da principe azzurro. Veniva su uno splendido destriero bianco e mi portava via. Tutto!”
(P. Rossi)
(P. Rossi)
La buona notizia è che ci siamo lasciati alle spalle il regime. Quella cattiva è che stiamo facendo peggio.
Un sistema politica autoritario avrebbe, se non il buon gusto, quantomeno la prudenza di astenersi dal celebrare pubblicamente un corruttore, pluricondannato, sottrattosi dalle mani della giustizia e morto da latitante lontano dal paese che egli stesso, più di ogni alto, aveva contribuito ad affossare. Ma, come ammonisce Woody Allen, si sa, “I politici hanno una loro etica. Tutta loro. Ed è una tacca più sotto di quella di un maniaco sessuale”. Dunque, tutti ad Hammamet, per rendere omaggio a Bettino Craxi con una due giorni di celebrazioni in terra tunisina, in occasione del decimo anniversario della sua morte. Tra le circa 600 persone che prendono parte alla trasferta, anche i ministri Sacconi, Frattini e Brunetta (proprio lui, quello che combatte i fannulloni e gli sprechi della pubblica amministrazione), nonché il capogruppo alla camera del Pdl, l'immancabile Fabrizio Cicchitto. La scena è tragicomica. Nel senso che, se non fosse tragica, sarebbe davvero divertente.
Questi quattro personaggi sono infatti esponenti di primo piano del principale partito di governo, il Pdl (ex Forza Italia), nato nel 1994 sull'onda di “Mani Pulite”, l'operazione giudiziaria che svelò il sistema di corruzione ed il diffuso clima di illegalità che permeò la politica italiana (almeno) a partire dagli anni '80. Tutto questo nonostante il leader indiscusso dello stesso partito, Silvio Berlusconi, fosse un grande amico del principale responsabile (o quantomeno di colui che ne beneficò maggiormente) di questa deriva di illegalità: Bettino Craxi. Tutto questo nonostante il partito in questione, Forza Italia (poi Pdl), annoverasse tra le sue fila esponenti di spicco di quella stessa classe politica che il suo leader condannava.
Poi, all'improvviso, la virata. Mani Pulite diventa una persecuzione giudiziaria attuata da una magistratura politicizzata ed eversiva. Craxi ed i suoi compagni di merenda diventano dei perseguitati politici. I latitanti diventano esuli. Le guardie diventano ladri. I ladri diventano statisti innovatori della politica italiana. Il sistema politico fondato sulla corruzione, sulle tangenti e sul finanziamento illecito diventa “una democrazia costosa che permise al paese di restare per 50 anni nel mondo libero” (Augusto Minzolini, direttore del tg1, 13/01/2010).
E così, gli ex compagni di partito dell'amico, poi nemico, poi di nuovo amico dell'attuale presidente del consiglio, chiudono il cerchio con il pellegrinaggio in terra tunisina, sacrificando all'altare del dio Bettino un bene ormai anacronistico per la rinnovata politica del bel paese: la dignità del popolo italiano (o quel che n'era rimasto).
Ci si aspetta almeno un sussulto da parte dell'opposizione, una manifestazione di dissenso, una qualche iniziativa a tutela del mantenimento (e non della revisione) della verità storica dei fatti. Poi ci si ricorda che l'opposizione è il PD: il partito che inserisce Craxi all'interno del Pantheon, l'insieme dei personaggi politici che rappresentano un punto di riferimento per il partito, di cui il partito si dichiara erede e da cui promette di trarre ispirazione. E si perde la speranza.
Ormai lobotomizzato da tutte queste celebrazioni, ipnotizzato dalle rivisitazioni delle tv di regime che esortano alle (ri)valutazioni del Craxi “uomo politico” (come se il buon Bettino, quando rubava, non fosse leader del partito socialista e, a tempo perso, capo del governo), propongo dunque un epitaffio commemorativo, per rendere il mio personale omaggio allo storico leader del garofano.
Benedetto Craxi detto Bettino (Milano, 24/02/1934 – Hammamet, 19/01/2000).
Condannato definitivamente a:
5 anni e 6 mesi per corruzione nel processo Eni-Sai.
4 anni e 6 mesi per finanziamento illecito per le mazzette della metropolitana milanese. Per quantificare il peso economico del sistema delle tangenti basti pensare che la linea 3 della metropolitana milanese costò 192 miliardi di lire al chilometro. Il metrò di Amburgo né costò 45 al chilometro. Meno di un quarto.
Per tutti gli altri processi in cui era imputato è stata pronunciata sentenza di estinzione del reato per morte del reo.
Fino a quel momento era stato condannato a:
4 anni e una multa di 20 miliardi di Lire in primo grado per il caso All Iberian (pena caduta in prescrizione nel 1999), ovvero per i 21 miliardi di lire di finanziamento illecito versati dalle società fininvest di Silvio Berlusconi su uno dei conti svizzeri di Bettino, come ringraziamento per la legge Mammì, frettolosamente varata dallo stesso governo Craxi.
5 anni e 5 mesi in primo grado per tangenti Enel (corruzione)
5 anni e 9 mesi in appello per il Conto Protezione (bancarotta fraudolenta del Banco Ambrosiano), sentenza poi annullata dalla Cassazione con rinvio il 15 Giugno 1999.
3 condanne a 3 anni in appello per la maxitangente Enimont (finanziamento illecito)
Due rinvii a giudizio per i fondi neri Montedison e per i fondi neri Eni (i processi non si celebrarono poichè Craxi morì).
Il pool di mani pulite accertò introiti per almeno 150 miliardi di lire sui 4 conti esteri a lui riconducibili e gestiti da alcuni prestanomi, tra i quali un compagno di scuola, Giorgio Tradati, ed un barista di Portofino, Maurizio Raggio. Quest'ultimo, quando Craxi, nel Dicembre del '92, ricevette il primo avviso di garanzia, venne incaricato dallo stesso leader socialista di recarsi in Svizzera e svuotare i conti su cui i giudici milanesi avrebbero potuto presto mettere le mani. Raggio eseguì alla lettera, prelevando circa 50 miliardi di lire e fuggendo in Messico (dove dichiarò di aver speso 15 dei 50 miliardi per le “spese di latitanza”). Vittima inconsapevole di prestanome “traditori”? Assolutamente no. La corte d'Appello di Milano precisò che “non ha alcun fondamento la linea difensiva incentrata sul presunto addebito a Craxi di responsabilità di ‘posizione’ per fatti da altri commessi, risultando dalle dichiarazioni di Tradati che egli si informava sempre dettagliatamente dello stato dei conti esteri e dei movimenti sugli stessi compiuti”. Queste le principali spese dei proventi illeciti dello statista innovatore della politica italiana.
Acquisto di un'appartamento a New York, due a Milano, uno a Madonna di Campiglio ed uno a La Thuile.
Acquisto di un aereo Sitation da 3 miliardi di lire.
“Donazione” mensile da 100 milioni di lire alla stazione televisiva Roma Cine Tivù, di cui la sua amante Anja Pieroni era direttrice generale.
Alla stessa Pieroni, regalò una casa ed un albergo (l'hotel Ivanhoe), entrambi a Roma, e le “pagò la servitù, l'autista e la segretaria”.
Prestito di 500 milioni al fratello Antonio, neo seguace del guru Sai Baba.
Affitto di una villa a Saint Tropez per l'austero esilio del figlio Bobo, desideroso di “sottrarsi al clima poco favorevole creatosi a Milano”, alla modica cifra di 80 milioni di lire, tutto compreso.
Tra la fine di Aprile e l'inizio di Maggio del 1994, appena prima che i Carabinieri lo arrestassero, fuggì in Francia, prima, ed in Tunisia, poi, sottraendosi alla giustizia dello stato che egli aveva (mal)rappresentato. Il 25 Luglio del 1995 fu dichiarato latitante dall'autorità giudiziaria italiana. Il 19 Gennaio 2001, sempre da latitante, morì ad Hammamet.
Lascia in eredità al popolo italiano il sistema “Tangentopoli”, uno dei più grandi scandali corruttivi mai verificatosi nella storia delle moderne democrazie, i cui costi economici furono stimati dall'economista liberale Mario Deaglio in circa 10 mila miliardi di lire all'anno. Questo sistema contribuì pesantemente all'impennata del debito pubblico, che, nel quadriennio di governo Craxi (1983-1987), passò dal 70% al 92% del PIL, per poi toccare quota 118% nel 1992, anno in cui l'inchiesta “Mani pulite” svelò la colossale rapina ai danni dei cittadini. Cittadini che, come se non bastasse, furono costretti a coprire di tasca loro le nefandezze del sistema (e lo saranno per molti anni ancora). Basti pensare che la finanziaria varata dal governo Amato a fine 1992, prevedeva 92 mila miliardi di lire di sole tasse ed il prelevamento forzato del 6 per mille sui conti correnti di ciascun cittadino italiano.
Se l'etica pubblica, la dignità nazionale, l'esercizio della (vera) memoria storica ed il rispetto del principio di legalità non sono valori abbastanza importanti da suscitare, ove violati, l'indignazione dei cittadini italiani, abbiano questi almeno la capacità di indignarsi di fronte a ciò che di più caro questo personaggio sottrasse loro per sempre:
il denaro.
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