martedì 5 gennaio 2010

Inciuci di fine millennio

Sinistra che vai, amici (ed amore) che trovi










"Il miglior modo per eliminare i propri nemici è farseli amici" (A. Lincoln)

Non credete a quello che vi dicono i giornali ed i giornalisti fomentatori di odio: il partito dell'amore non l'ha inventato Berlusconi. L'ha inventato la sinistra.
Prima, nella sua più autentica manifestazione, con Craxi ed il suo PSI (lascio a voi lo sviluppo dell'acronimo). Poi, in una sua riproposizione malriuscita, con le Margherite, gli Ulivi e gli Arcobaleni di turno. Ma andiamo con ordine.
Nel 1984 Berlusconi è ancora un imprenditore, intento, come spesso gli accade, ad aggirare la legge. La legislatura di allora non permette infatti alle sue tre televisioni (Canale5, Italia1 e Rete4) di trasmettere contemporaneamente su scala nazionale. All'inizio di Ottobre, alcuni magistrati particolarmente attenti scoprono la violazione ed impongono l'interruzione delle trasmissioni dei 3 canali nelle zone di loro competenza giuridica. Il Cavaliere non si scompone: dietro consiglio di un suo avvocato, si adopera per aggirare il fastidioso ostacolo legislativo, sfruttando un sistema di videocassette che, trasmesse in contemporanea sulle emittenti locali dell'intera penisola, consentono di bypassare il sistema dei “ponti radio”, espressamente vietato dalla legge. Nasce la “tecnica del pizzone” o “syndacation”. Traduzione: una scappatoia bella e buona.
Per stabilizzare la situazione e regolarizzare a tutti gli effetti il privilegio delle reti del Biscione, l'allora presidente del consiglio Craxi, amico fraterno del Cavaliere, si precipita da Londra, dove era in visita di stato, per varare il cosiddetto “primo decreto Berlusconi”. Una bel termine tecnico-specialistico per non destare l'attenzione (e lo sdegno) dell'opinione pubblica ed il gioco è fatto: la cosiddetta interconnessione funzionale è finalmente legalizzata.
I consensi piovono da destra e da sinistra. Indimenticabile la posizione dell'allora responsabile dell'informazione del Partito Comunista, Walter Veltroni: “Non ci si deve rallegrare che emittenti televisive vengano oscurate [..] non è con il black out che si risolvono i problemi del mondo televisivo”.
Il decreto, bocciato per incostituzionalità il 28 Novembre, viene riproposto il 6 Dicembre, convertito in legge il 4 Febbraio 1985 e rinnovato per 2 volte, la seconda delle quali a tempo indeterminato. Il PC ha infatti seppellito l'ascia di guerra in cambio della direzione del tg3 e della presidenza di rai3. Nei salotti della politica questa scelta viene accolta (e dipinta) come un indispensabile atto di realpolitik. Al bar sport, in modo tanto pittoresco quanto efficace, la si descrive per quello che è: la carota dopo il bastone.
Nel 1990 la legge Mammì (governo Andreotti), concede ufficialmente a Berlusconi le tre reti nazionali di cui egli, di fatto, è già proprietario: il sistema di videocassette può essere finalmente accantonato. La strada maestra delle trasmissione analogica è definitivamente intrapresa.
Così il figlio politico di Craxi, forte di quest'ultimo gradito regalo della prima repubblica, nella primavera del 1994 riesce nella sensazionale impresa di vincere le elezioni a soli 3 mesi dalla sua discesa in campo e, cosa ancor più incredibile, di presentarsi come il nuovo che avanza, come l'erede politico e morale di quelle inchieste giudiziarie (“mani pulite” fra tutte) che hanno decimato la stessa classe politica che lo aveva tanto amato (ed aiutato).
L'idillio del Cavaliere sembra però svanire appena pochi mesi dopo. Mentre la Lega di Bossi fa cadere il governo da lui presieduto, le inchieste giudiziarie che lo riguardano si fanno sempre più minacciose. Come se non bastasse, in seguito alla sentenza della Corte Costituzionale che impone la riduzione a due delle reti Mediaset a diffusione nazionale, vengono indetti 4 referendum che ridiscutono quella legge Mammì a lui tanto cara. Ma si sa: un vero amico si vede nel momento del bisogno. Ed il centrosinistra, da vero amico, non si tira indietro, facendo fallire i referendum e promettendo, come ricorda l'attuale esponente PD Violante, “che non sarebbero state toccate le sue televisioni [..] del resto durante i governi di centrosinistra il fatturato di Mediaset è aumentato di 25 volte”. Più amici di così...
Nel '96 Berlusconi è di nuovo alle corde. Prodi vince le elezioni con un programma battagliero ed intransigente sul fronte del conflitto di interessi e delle leggi anti-trust. Ma ecco che D'Alema, con cui il Cavaliere si sente ogni giorno, lo rassicura subito: “Non abbiate paura[..]troveremo intese. Mediaset è un grande patrimonio per il paese”. Detto, fatto. In Luglio la legge Maccanico manda in soffitta la sentenza della corte costituzionale e rinnova una proroga illimitata per le reti Mediaset.
Il 22 Gennaio 1997 nasce la commissione bicamerale, presieduta da D'Alema (votato anche da Forza Italia), con lo scopo di attuare le tanto agognate “riforme condivise” (vi ricordano qualcosa?). Risultato: in due anni di bicamerale nessuna legge sul conflitto di interessi, nemmeno l'ombra di una legge anti-trust ed il respingimento della richiesta di arresto di Previti (avvocato del Cavaliere) e Dell'Utri (co-fondatore di Forza Italia e noto procacciatore di stallieri, condannato, tra le altre cose, per concorso esterno in associazione mafiosa con sentenza di primo grado).
Il resto è storia recente: la coalizione di centro-sinistra (un'accozzaglia di partiti pescati a strascico all'interno dello spazio politico compreso tra il centro e la sinistra) guidata da Prodi a partire dal 2006, riesce nell'incredibile impresa di riesumare per la 3° volta il Cavaliere, che, nel 2008, ritorna al governo senza che alcuna legge sul conflitto di interessi sia stata varata.
Anche nell'attuale legislatura i segnali di amore non mancano. Oltre ai già citati inciuci, da ricordare le amorevolissime assenze dei deputati pidini (59 assenti) in occasione della votazione sulla pregiudiziale di incostituzionalità dello scudo fiscale lo scorso 29 Settembre, che, se approvata, avrebbe consentito di depositare quella legge nel luogo ad essa più consono: il cestino.
Assenti, tra gli altri, Franceschini, Bersani e D'Alema (altro che partito diviso..). Memorabile il commento di quest'ultimo: “Avevo una manifestazione e non mi era stato spiegato bene che era un voto importante”.

Del resto, si sa: al cuor non si comanda.



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