martedì 26 aprile 2011

Auguri libertà! Ci manchi?

Dietro ogni articolo della Costituzione, o giovani, dovete vedere altri giovani come voi che hanno dato la vita perché la libertà e la giustizia potessero essere scritte su questa Carta
(P. Calamandrei)


No, il 25 aprile non è la festa di tutti. Affermare il contrario suonerebbe come un’offesa nei confronti delle migliaia di partigiani che, con il loro sangue, hanno issato la bandiera della libertà e della giustizia, scolpendola nelle pagine della nostra Costituzione.

La stessa Costituzione che, poco più di 60 anni dopo, viene quotidianamente minacciata – dove non esplicitamente violata e violentata – da figurine di partiti – chiamarli uomini sarebbe troppo – che il concetto di “libertà” l’hanno solo nel nome.
Parlo del Ministro della Difesa Ignazio La Russa, sommerso di fischi mentre cercava di catechizzarci – probabilmente per motivi di legittima difesa – sull’opportunità di “seppellire le ferite del passato”.
Parlo del Presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni, figlio di quell’Emilio Formigoni che, da Comandante delle Brigate Nere di Missaglia, si rese responsabile della strage fascista di Valaperta, oltre che di sevizie, rastrellamenti e ritorsioni in tutto il territorio brianzolo. Il figlio ne ha sempre lodato l’esempio.
O ancora di quella folta schiera di neo-fascisti e berlusconiani neo-redenti (da entrambi i regimi) che si raccoglie sotto il nome di Futuro e Libertà, o di tutti coloro che ogni 25 aprile tirano in ballo i massacri delle foibe, che con la lotta partigiana italiana non c’entrano praticamente nulla – anzi: numerosi sono gli esponenti antifascisti del Comitato di Liberazione Nazionale uccisi dai partigiani jugoslavi di Tito.

Per dirla tutta, la buttano in politica anche quel discreto numero di antifascisti che, ogni anno, animano lo stridente dibattito sui meriti della lotta di liberazione, rileggendo quello che è stato un grande movimento di ribellione anti-dittatoriale con le lenti della politica. Dimenticando che quei volti scavati dalla fame e dalle fatica, quei corpi crivellati dai proiettili delle rappresaglie nemiche, quegli scarponi consumati, non marciavano sulle montagne in direzione di un simbolo di partito, ma verso il più nobile degli orizzonti: quello della libertà.
A dispetto del suo colore, insomma, il sangue che i partigiani sacrificarono nelle piazze, nelle carceri e nelle campagne a partire da molto prima dell’occupazione nazifascista è allo stesso tempo il figlio di questa irrefrenabile e romantica pulsione pre-politica e il padre della nostra Costituzione.

Il 25 aprile, dunque, non è la festa di tutti, ma la festa di “tutti quelli che”. Che si riconoscono in quei valori della resistenza ancora vivi nella nostra Costituzione. Che vedono nella libertà, nella giustizia e nell’uguaglianza tra gli uomini i binari fondamentali lungo i quali spingere il treno del nostro futuro. Che pensano, che agiscono e che – all’occorrenza – reagiscono a qualsiasi forza spinga in senso contrario a questi fulgidi orizzonti.
E’ la festa di tutti quelli che si battono ogni giorno contro i nuovi fascismi: la mafia, una cultura dominante che sembra avere come unica bussola uno sviluppo sempre più cieco, ottuso e dannoso e un’accumulazione sempre più bulimica di ricchezza materiale, una televisione che coltiva a piene mani mediocrità e inettitudine, spacciandole per modelli culturali a cui la società – ormai concepita come un’inanimata variabile dipendente – deve tendere.

Tutti quelli, insomma, che da partigiani vivono.
Tutti quelli che, come Antonio Gramsci e Giacomo Matteotti, Carlo Rosselli e Placido Rizzotto, Pio La Torre e Giorgio Ambrosoli, Paolo Borsellino e Vittorio Arrigoni,


da partigiani sono ancora disposti a morire.

2 commenti:

  1. E' vero, il 25 Aprile è la festa di "tutti quelli che"....
    Questo è il problema!
    "tutti quelli che" non hanno certo bisogno del 25 Aprile per ricordare, riflettere e consolidare nella prorpia coscienza il valore che ha avuto il fenomeno della Resistenza nella nostra società civile.
    Gli "altri" chi sono?
    Non sono solo la "folta schiera di neo-fascisti e berlusconiani neo-redenti (da entrambi i regimi) che si raccoglie sotto il nome di Futuro e Libertà, o di tutti coloro che ogni 25 aprile tirano in ballo i massacri delle foibe".
    La stragrande maggiornaza degli "altri" sono gli INDIFFERENTI. Questa festa, dovrebbe avere come suo principale scopo proprio quello di stroncare l'indifferenza nei confronti di questa tematica. Per questo, a mio parere, il 25 Aprile dovrebbe essere sempre più trasmissione piuttosto che manifestazione. Chi manifesta è già consapevole.
    Bisogna invece comunicare, con metodi e termini adatti al nostro tempo, per far si che pian piano "tutti quelli che" divengano approssimabili con il "tutti".


    Gramsci:
    L’indifferenza è il peso morto della storia. L’indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera. È la fatalità; è ciò su cui non si può contare; è ciò che sconvolge i programmi, che rovescia i piani meglio costruiti; è la materia bruta che strozza l’intelligenza. Ciò che succede, il male che si abbatte su tutti, avviene perché la massa degli uomini abdica alla sua volontà, lascia promulgare le leggi che solo la rivolta potrà abrogare, lascia salire al potere uomini che poi solo un ammutinamento potrà rovesciare.

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  2. Certo, concordo sul fatto che si debba cercare di ampliare il più possibile la schiera di "tutti quelli che". La mia era una critica verso la concezione (sempre più diffusa) del 25 aprile come "festa di tutti", anche di chi, i valori della resistenza, li calpesta ogni giorno.

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